mercoledì 31 luglio 2013

I "barboni" a Salvador: storie ed esperienze di accoglienza

Qualche domenica fa un mio amico sacerdote missionario a Salvador mi ha fatto conoscere, dietro mia specifica richiesta, una delle case di accoglienza di accoglienza per senzatetto, situata vicino all'Av. Suburbana (già il nome dice tutto), una strada che collega la zona nord di Salvador con l'estrema periferia. Bisogna scendere in una stradina molto ripida che, al posto del marciapiede ha un bel canaletto a cielo aperto che raccoglie gli scarichi delle case. La casa di accoglienza è di proprietà della diocesi, in "concessione" ad una donna di 40 anni che, da sola, si prende cura di persone che, lasciata la strada, trovano qui il primo rifugio in vista di un reinserimento nella società. Sì, perché, spiegano, chi vive in strada è escluso da tutto e da tutti e più tempi ci passa più è difficile il suo ritorno ad una vita normale. Si perde il lavoro, la famiglia, gli amici, la dignità; infine, sé stessi. Perché il problema abitazionale è, in realtà, secondario: quello che più fa male è la gente, che bolla i "barboni" come fannulloni, o drogati, o malati mentali, o pericolosi criminali. Sono UOMINI e DONNE, non meno di quanto lo siamo noi! Ma in una società che definisce le persone in base al loro lavoro, uno stato di disoccupazione, unito alla mancanza di una dimora basta, secondo il senso comune, a perdere la dignità di persona.


Ci offrono un succo e una merenda che preparano all'istante. Ci sono 2 ragazze e 3 uomini e ci fanno domande su chi siamo e cosa facciamo a Salvador, mentre siamo seduti attorno ad un tavolino. La ragazza più giovane è la più aperta e ci racconta come trascorre le sue giornate, fra attività nella casa e vendita del giornalino "Aurora da Rua" (vedi sito ufficiale www.auroradarua.org.br); accenna anche a delle medicine che deve prendere, probabilmente tranquillanti, ma è in tutto una persona normale. Si nota anzi in lei quella sensibilità tipica delle persone che hanno sofferto, ma che non hanno smesso di sperare e credere nelle persone. Gli altri "accolti" sono piuttosto silenziosi, tranne un uomo sulla cinquantina che mi chiede di dove sono e per quale squadra italiana tifi; lui ha un viso "vissuto", magrissimo, scavato dal sole e da 15 anni di strada. 

Chiedo loro qualcosa sulle politiche della prefeitura, che a Salvador mantiene anche un dormitorio nella Cidade Baixa; lo conoscono, ma "là c'è molta confusione, i funzionari sono addetti alla sicurezza che hanno solo il compito di evitare tafferugli e non c'è la minima organizzazione o dialogo con loro". 
La responsabile ci mostra poi il retro della struttura, con un piccolo orto e i dormitori per uomini e donne e ci parla della storia del Movimento População de Rua di Salvador. Qualcosa negli ultimi anni è migliorato: ad esempio la diocesi di Salvador ha dato in concessione gratuita la chiesa della Trinità, situata nel quartiere Calçada, che è diventata sede dell'omonima comunità, che ha pure un blog con maggiori informazioni e iniziative http://igrejadatrindade.blogspot.com.br/


Torniamo a parlare e il discorso cade sull'amicizia e di quanto sia importante quando non si hanno molte cose, perchè avere amici significa essere pronto ad aiutare ed essere aiutati, avere una mano pronta a darti forza nei momenti difficili. La raggaza più spigliata mi regala 2 numeri del giornalino Aurora de Rua. Riporto qui una storia che ho trovato sul numero di Dicembre.

Dio nella strada (di fratello Henrique, pellegrino della Trinità)
Sapere di essere amato


Senza accorgersene, Dio si era sdraiato nella panchina della piazza, sotto un albero rigoglioso, coprendosi con una coperta troppo corta. Il calore del giorno, il movimento della città vicina alle feste di fine anno, il viavai delle persone nelle strade lo avevano stancato molto. 


Dio dormì profondamente... Le luci della città erano scomparse. Il rumore costante delle auto sembrava ormai distante.
Poco prima dell'alba, Dio percepì che stava piovendo: un'arietta fresca dava sollievo dopo il caldo umido del giorno. Si sentiva ben raccolto, all'asciutto dalla pioggia. 

Gli uccelli annunciarono l'alba. Ancora era scuro, Dio non aprì gli occhi. Restò sdraiato nella panchina, ascoltando il concerto della natura. Un'immensa felicità lo riempì. Sentì una grande armonia in quest'alba, dopo una notte trascorsa in strada.
Dio ripensò alla notte: la stanchezza, la panchina della piazza dove si era addormentato, la pioggia che lo aveva rinfrescato, il canto degli uccelli, la luce che ancora non era tornata...
Allora percepì che qualcosa era cambiato: perché non si era bagnato? Perché la luce non lo aveva ancora svegliato? Si girò e aprì lentamente gli occhi: un grande cartone lo copriva sopra e ai fianchi, proteggendolo dalla pioggia e dalla luce del giorno. Dietro alla sua testa, seduto perchè non c'era spazio per sdraiarsi, qualcuno teneva il cartone con la mano. Qualcuno che era stato così durante tutta la notte, proteggendo il suo amico di strada. Dio lo guardò, lo riconobbe e soavemente pronuncio il suo nome:
"Amiguinho!" (lett. amichino)
Quello abbassò la testa, e, sorridendo, rispose: "Amigão!".

Con dei gesti, Amiguinho disse a Dio che aveva dormito come un bambino. Dio sorrise e rispose che era merito delle sue attenzioni. Amiguinho indico il suo cuore e distese la mano a toccare il cuore di Dio. Dio chiuse gli occhi, lasciò che una lacrima gli bagnasse il volto, sentì un benessere immenso... Seppe di essere molto amato...
Sedette, abbraccio Amiguinho e sussurrò al suo orecchio:
"La tua amicizia mi fa molto bene..."
(fonte: giornale Aurora da Rua)

Sulla comunità da Trinidade consiglio vivamente la visione di questo video che racconta la sua storia e quella del suo fondatore, un monaco francese che, venuto a Salvador, ha deciso di vivere in strada con gli ultimi, prima di stabilirsi nell'allora abbandonata chiesa della Trinità. http://www.youtube.com/watch?feature=player_detailpage&v=4bbQdTRs3RI

2 commenti:

  1. Ciao, mi chiamo Sara e quello che scrivi è molto interessante.Dalla prima volta che sono andato a Salvador in vacanza mi ha sempre colpito la quantità di persone buttate per terra. Parecchi sembrano morti e la gente che passa accanto tranquilla, come se facessero parte del paesaggio. non ho avuto il coraggio di far nulla, immaginando che potrebbero essere violenti. Ho sempre sperato che ci fossero iniziative in loro favore e quello che riporti qui mi tranquillizza e mi fa pensare che posso fare anch'io qualcosa. Quando tornerò penso ti contatto per parlare meglio.

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