sabato 28 giugno 2014

Il mondiale che le telecamere non mostrano

Nosso xondaro Wera aproveitando sua participação na abertura da Copa para deixar a público a pauta de todos os povos indígenas: DEMARCAÇÃO JÁ!  Pena que a grande mídia desviou as câmeras e escolheu não transmitir a única mensagem verdadeira dessa cerimônia! Aguyjevete pra quem luta na copa!
http://campanhaguaranisp.yvyrupa.org.br/





La regia internazionale reagisce prontamente: quando uno streaker invade il campo da gioco, le centinaia di milioni di telespettatori da casa non se ne accorgono, l’inquadratura viene immediatamente cambiata, la performance censurata. Che siano invasioni goliardiche con tifosi seminudi o proteste a sfondo politico, la Fifa non gradisce simili improvvisazioni. 

Il popolo Guaranì
Quella forse più eclatante è stata catturata dai fotografi prima della partita inaugurale dei Mondiali: il 13enne brasiliano Werá Jeguaka Mirim, appartenente al popolo dei Guaranì, era entrato sul terreno di gioco dell’Arena Corinthians di São Paulo assieme a due amici per liberare delle colombe in aria ma, prima di uscire dal campo, aveva estratto dai pantaloni uno striscione rosso con la scritta «Demarcação já!» (Demarcazione subito!), una protesta per denunciare la condizione dei popoli indigeni e delle loro terre, molto presenti anche in rete, ad esempio attraverso questo  blog, punto di riferimento di una lotta sconosciuta ai più da parte di migliaia di persone di un popolo ormai senza terra.
In letteratura, vorrei qui ricordare un grande libro del nostro Eugenio Corti, La terra dell' Indio, che affronta il tema delle reduciones, fra Paraguay e Brasile.

fonte: www.ilcorriere.it

venerdì 27 giugno 2014

Antonello Veneri, un fotografo innamorato del Brasile

Le sue foto realizzate a Salvador de Bahia gli hanno valso il premio dei lettori National Geographic.
Da vedere ed apprezzare!! 
http://www.nationalgeographic.it/fotografia/2014/05/14/foto/salvador_de_bahia_citt_al_femminile-2141359/1/

Il mio viaggio 2014: vincono le donne del Brasile
foto di Antonello Veneri
Questa è la foto che più mi ha colpito, per la semplicità e la creatività di questi bambini che festeggiano il carnevale a modo loro.
Antonello, che ho conosciuto di persona un po' per caso, ha scelto la donna come soggetto delle sue fotografie. Di lui mi ha colpito la sua passione per la fotografia, che per lui è come una compagna di vita in carne ed ossa.
Ecco come descrive il lavoro fatto:

"Città femminile, legata all'acqua del mare e delle piogge torrenziali, ai culti sacri del candomblé (religione di origina africana n.d.r.) e ai riti pagani del carnevale, Salvador de Bahia rappresenta l'essenza più profonda del Brasile.

Più di San Paolo o Rio de Janeiro, la cui dimensione internazionale ne ha cambiato l'identità.
Arrivando qui è immediata la sensazione di trovarsi in mezzo a tante contraddizioni, con un senso di pieno e di vuoto, in cui a prevalere sono i colori dell'azzurro e del verde.

Salvador de Bahia non è una città per turisti e non sono sufficienti pochi giorni per conoscerla ed adattarsi al senso di insicurezza, al traffico caotico e alle attese, alle pioggie e alle risate improvvise, alla gentilezza naturale delle persone e alle coincidenze del destino.

È tutto troppo semplice e al tempo stesso complesso. Ci vuole poco per coglierne le contraddizioni ma ci vuole tempo per capire che qui tutto si alimenta del proprio contrario.

Agli uomini spesso assenti e sfuggenti, ritratti nelle foto, fa da controcanto la figura femminile che attraversa la vita con l'eleganza tutta africana del suo andare e che, pur con mille problemi da affrontare, fa funzionare la città.

Ma in questa città degli eccessi e dei paradossi, vitale e violenta, liberale e provinciale, , tutto si muove. Anche quando, apparentemente, non c'è movimento. Ed è nelle comunidades (preferibile al termine favelas n.d.r.) del centro di Salvador e nei quartieri della periferia che nascono le novità, le tendenze e che si trova l'energia vitale di questa città".

fonte: http://www.nationalgeographic.it/

martedì 24 giugno 2014

Tifosi, aprite gli occhi, uscite dalla vostra gabbietta!



Occhi tappati
Guardiamo pure il mondiale, andiamo allo stadio, ma quello che mi fa male è l'ignoranza del mondo. Tifosi e giornalisti stranieri non sanno assolutamente nulla del Brasile. Ho parlato con un po' di stranieri qui a Salvador, davanti al Farol da Barra: dov'è la cultura, dove gli anni di studi in più rispetto ai brasiliani, che ci invidiano per lauree e master conseguiti all'estero?

Occasione sprecata
Non escono di un centimetro dai quartieri turistici, dai centri commerciali, ambienti appositamente costruiti a misura di "gente per bene". Sono qui per il mondiale, d'accordo, ma proclamano pure una generica fraternità fra le nazioni in nome dello sport e allora la mostrino, preoccupandosi di conoscere un po' di più questa terra straordinaria.
Per loro il Brasile resterà soltanto sole, festa, birra, donne e, in lontananza, favela. 
Peccato.

Blatter: "Il calcio più importante dell'insoddisfazione della gente"




Certo, finché lui sta lassù...

Ho scoperto solo ora dichiarazioni risalenti a giugno 2013, di fronte alle proteste di migliaia di brasiliani  durante la Confederations Cup. Proteste che si stanno ripetendo in questo mese, sempre ben nascoste e represse anche con metodi illegali, come manganellate e lacrimogeni a fronte di manifestanti pacifici. E' sempre complicato schierarsi in questi casi, proprio per questo mi disgustano parole come quelle pronunciate dal presidente della Fifa: "Il Brasile ha chiesto i Mondiali, non siamo stati noi ad imporli. I brasiliani sapevano che, per organizzare una buona edizione dei Mondiali, dovevano costruire stadi"Come se fossero stati interpellati i cittadini brasiliani.
In un precedente articolo, ho evidenziato i punti che vengono contestati al governo brasiliano, sulle modalità con cui è stata organizzata la coppa, fra cui leggi ad-hoc, deroghe ambientali, addirittura una lista di parole utilizzabili in pubblcità solo con permesso della Fifa, come Natal 2014 (Natal è sia la città che ospita la coppa, che il Natale).

Imparziale?
Nessun italiano dimenticherà l'assenza di Sepp alle premiazioni del mondiale in Germania vinto dall'Italia; quest'anno è abbastanza chiaro che lo svizzero tifi brasile: è stato sorpreso ad esultare durante il gol verdeoro nella prima partita e ha difeso l'arbitro che ha concesso un rigore generoso al Brasile.

9 morti? Tranquilli tifosi, si gioca!
L'apertura di una voragine causa pioggia nei pressi dello stadio è finita sui giornali. Ma spesso i titoli hanno ignorato la tragedia della gente (9 morti e famiglie senza più casa) per pensare al regolare svolgimento della partita. 
La notizia non finisce sulla homepage né di La repubblica che del Corriere o della Gazzetta dello sport, impegnate dai risultati sportivi e dalle solite cianfrusaglie di casa nostra.
Beh, ulteriore conferma della pochezza e bassezza del giornalismo massificato. 

Politica
Se poi ricordiamo che questo è anno di elezioni presidenziali in Brasile, strani pensieri possono venire alla mente. I maggiori opinionisti ritengono infatti che una vittoria del Brasile renderebbe Dilma ancora più forte. Hai voglia a protestare contro il mondiale, quando la stragrande maggioranza della gente si fa influenzare nelle scelte politiche da un esito sportivo.
Ma, dimenticavo, in Brasile il calcio è molto più di uno sport...


giovedì 19 giugno 2014

Coppa del mondo: le rivendicazioni dei movimenti



Alcune considerazioni

Come si vede dai giornali e dalle foto, la questione più grave è il mancato rispetto del diritto alle manifestazioni pubbliche, sistematicamente stroncate sul nascere attraverso interventi pesanti della polizia.
Si teme soprattutto per l'immagine internazionale del Paese, nell'anno di elezioni del presidente del Brasile.
Le azioni del potere di stato sono arrivate, a Salvador, a rimuovere dalle strade centinaia di senzatetto semplicemente perché situati in quartieri centrali o turistici, dove avrebbero potuto degradare l'immagine della città, agli occhi dei turisti europei ed americani, non abituati a certe scene.
Alcune fonti private, mi dicono che sono stati aperti dal comune centri di accoglienza giorno-notte per senzatetto che saranno chiusi immediatamente dopo la coppa. L'intenzione che sta dietro mi sembra abbastanza chiara

I punti comuni che motivano le proteste


  1. Esclusione di milioni di cittadini al diritto di informazione e partecipazione nei processi decisionali relativi alle opere realizzate in vista della coppa;
  2. rimozione di famiglie e comunità per la costruzione di opere come stadi o parcheggi, e violazione del diritto ad avere una casa in comunità e quartieri popolari;
  3. diverso trattamento e investimenti fra quartieri turistici e popolari;
  4. appropriazione dello sport da parte di entità private e grandi corporazioni, alle quali il governo ha affidato responsibilità pubbliche;
  5. inversione di priorità realizzate con risorse pubbliche che dovrebbero servire, in primo luogo alle aree di salute, educazione, fognature, sistema di trasporto e sicurezza;
  6. instaurarsi progressiva di una legislazione eccezionale, mediante decreti e provvedimenti provvisori.




martedì 17 giugno 2014

Prima di venire a Salvador, imparate un portoghese basico!

Ma il portoghese si capisce?
Vabbé che noi italiani ci facciamo capire dappertutto con la minima, però non guasta studiarsi un minimo di portoghese prima di arrivare in Brasile. Vi assicuro che risparmierete anche un bel po' di Reais. 
Tanti amici italiani mi chiedono se il portoghese è facile: dipende! Scritto può sembrare molto semplice, basta imparare quelle parole (verbi soprattutto) "chiave" e il senso più o meno viene naturale.
Ma il portoghese parlato è un'altra cosa. 
Sotto pubblico un divertente servizio di una giornalista che si è finta straniera (di lingua inglese) per le strade di Salvador durante i mondiali. Il risultato: neanche nei punti turistici conoscono un minimo di inglese. Un'opportunità in più, quindi, per chi conosce questa lingua e vuole trovare lavoro nel turismo.

fonte: www.correio24horas.com.br

Disfarçada de gringa, repórter do CORREIO sofre em dia de turista

Por um dia, repórter incorporou uma turista da Bósnia que precisava comer e passear por Salvador

Amanda Palma (amanda.palma@redebahia.com.br)
Atualizado em 17/06/2014 08:26:36
  

É difícil ser gringo no Brasil, na Bahia, em qualquer ponto de Salvador. Não é preciso falar nada muito complexo em inglês para que a comunicação seja praticamente impossível sem mímica. E como gringo parece ser sinônimo de dinheiro, tudo que se pergunta, a resposta é o valor do item. Por um dia, eu incorporei a turista da Bósnia que precisava comer e turistar em Salvador.
E não foi fácil. No McDonald's, foram 10 minutos até que eu conseguisse um milkshake de morango. “Can you help me?”, perguntei a um dos atendentes na lanchonete, que tem um cardápio com sanduíches inspirados em sete países do Mundial. Ele não entendeu e chamou outra garçonete para tentar, sem êxito, me ajudar.
Pedi então uma porção de batatas fritas (french fries). “Não, não, não”, ela me disse. Fiquei sem entender porque ali não teria batatas fritas, mas depois percebi que o problema era a falta de inglês mesmo. Então, ela me mostrou uma das comandas onde os pedidos aparecem em inglês.
Resolvi facilitar e apontei para o shake de strawberry (morango). “Vanilla?”, me perguntou a atendente e eu tive que apontar de novo, quase dizendo em um bom baianês que queria era um simples milkshake de morango.
A gerente tentou ainda improvisar um espanhol, mas percebemos que a mímica seria melhor para eu escolher o tamanho da bebida. Se para mim, falsa gringa, foi difícil pedir, pior foi para o grupo que chegou depois de mim na lanchonete.
Quatro gringos, que nem eu consegui entender de onde eram, já que eles misturavam espanhol, português e inglês, tentavam pedir um Mc Cheddar, sem cebola. Um deles precisou ir atrás do balcão e apontar para a imagem do sanduíche onde havia cebola e dizer “no, no”.
Um dia antes, no Shopping Iguatemi, foram necessários seis atendentes da rede para explicar a um espanhol a diferença entre grelhado e empanado. A solução foi levar o gringo pra cozinha e mostrar um taco de frango na grelha.
Bom, se no Mc Donald's, uma rede internacional, dizer strawberry é complicado, no Pelourinho, um ponto turístico da cidade, a situação não é muito diferente. No dia da festa dos holandeses, que coloriu o Terreiro de Jesus de laranja, entrei em três lojas no Largo do Cruzeiro de São Francisco e foi tudo na base da mímica. Apenas um lojista sabia falar inglês, quase incompreensível.

Tentei explicar que não era o valor que me interessava: “No, no, another color”. Ela continuou sem entender. Já aflita, apontei para o vermelho e disse “another color, understand?”. Finalmente ela entendeu e disse, em português, que só tinha bolsa bege.
Achei meu look de gringa meio falso e fui completar com um daqueles chápeus clássicos. Entrei na loja, olhei, olhei e nada. Ninguém veio me atender. Vi umas bolsas de palha interessantes, mas eram todas beges. Perguntei se tinha de outra cor: “Do you have another color?”. Ela olhou a etiqueta e me disse o preço. 
Olhei bonés e chapéus de várias cores. Perguntava por outros tons e ela ainda não tinha entendido, sempre me dizia o preço em português. Como estava difícil entender, ela pegou a calculadora e começou a digitar os valores.
Comprei o chapéu e fui em outra loja procurar por uma camisa tipicamente de turista. Tinham várias, é verdade, o que faltava mesmo era vocabulário para a lojista me explicar sobre os orixás e as estampas de cada camisa.
“What is that?”, apontei, perguntando o que era a imagem de Iansã estampada em uma blusa. “É 65 reais”, respondeu a lojista, em português, me mostrando a etiqueta. Desisti. Eu “não entendia” nada mesmo. Na última loja, o atendente até me fez uma promoção para uma camisa do Brasil. “For you, sixty”, algo como “Para você é R$ 60”.
Deu tempo também de passar no camelódromo da Avenida Sete. Eram tantas camisas do Brasil à venda que eu não poderia perder a oportunidade de ficar ainda mais gringa. Conversei com três ambulantes por mímica e só uma arriscou o inglês: “É torifaive”, disse na tentativa de falar twenty five (25).
Para finalizar, não podia faltar o famoso bolinho de feijão, até por que o que é uma turista sem comer acarajé no Pelourinho?  Lá vou eu até uma baiana de acarajé, que ficou com cara de temerosa logo no “Hi!”. “What is this?”, apontei para as cocadas no balaio.
Ela não entendeu e me disse o preço com sete dedos. Depois, com muito custo, me explicou que era “coconaite com açúcar”. Fiz cara de que entendi, achei mais prudente. “E esse aqui é o famoso acarajé”, me explicou em português, apontando para o bolinho de feijão. E o abará? “Olhe só, é a mesma massa, - me mostrou – só que um é frito e o outro é cozido”, disse em português. E gringo sabe o que é frito ou cozido? Como a boa vontade em explicar já tinha acabado, fui tentar um táxi para a Barra.
Foi quando vi duas espanholas discutindo com um taxista por ter que pagar R$ 10 em um trajeto mínimo. “Não é possível, nós andamos muito pouco para ter que pagar esse valor. Não vamos pagar. O táxi ficou parado!”, bradava a jovem, chateada com a situação.
O taxista já tinha perdido a paciência tentando explicar que o taxímetro tinha rodado, mesmo parado e que ele não tinha culpa do engarrafamento. Eles continuaram discutindo, agora com a ajuda de um agente da Transalvador, que tentava mediar o conflito. No fim, a turista teve que pagar. E eu desisti do táxi, porque já estava difícil demais ser gringa na minha cidade.

Acquistare biglietti del Mondiale

Un mio amico messicano venuto a Salvador per assistere alle partite del mondiale mi ha confidato che è riuscito ad acquistare il biglietto direttamente allo stadio mezz'ora prima della partita dai "bagarini" brasiliani. Non so come questi siano riusciti a procurarseli, ma lui li ha pagati solo 100 Reais, contro  prezzi ufficiali molto più cari.
State comunque attenti a non mostrare troppo i vostri soldi e verificate che il biglietto sia autentico anche guardandolo in controluce.

domenica 15 giugno 2014

Come acquisire la cittadinanza brasiliana




Qualche chiarimento
Mi rendo conto che c'è molta confusione su questo argomento. Cercherò di chiarire subit alcune cose, in base alle domande ricevute da alcuni lettori:
Sposarsi con un cittadino brasiliano dà diritto all'acquisizione della cittadinanza brasiliana? No
L'ottenimento del visto permanente permette di acquisire cittadinanza brasiliana?No

Diverse tempistiche
La prima è quella di risiedere in Brasile da 15 anni, senza aver collezionato precedenti penali. Per esempio, coloro che lavorano in Brasile con regolare visto di lavoro (che è un visto provvisiorio, almeno inizialmente) rientrano in questo caso.

L'attesa si riduce a 4 anni nel caso di visto permanente dopo aver dimostrato una sufficiente conoscenza della lingua portoghese e le risorse per mantenere sé stessi e la propria famiglia.

I tempi si riducono ulteriormente ad un solo anno se:
- il coniuge è cittadino brasiliano
- un proprio figlio è brasiliano
- un genitore è brasiliano
- si è prestato un servizio rilevante al Brasile, secondo il giudizio del ministero della Giustizia

Al seguente link la lunga lista di documento necessari per inoltrare la domanda:

Tutti i bambini nati all'estero con almeno un genitore brasiliano acquistano di diritto la cittadinanza brasiliana, previa trascrizione dell'atto di nascita presso il consolato brasiliano del paese in cui sono nati.

Quali i vantaggi?
- Il visto permanente, se si trascorrono 2 anni consecutivi fuori dal Brasile, si perde automaticamente. La naturalizzazione ci metterebbe in salvo da questo pericolo.
- Facilità ed economicità nel richiedere documenti, come la carta d'identità. Uno straniere deve sempre rivolgersi alla polizia federale, con tempi e costi moooolto più elevati.
- Possibilità di partecipare a concorsi pubblici.
- Possibilità di comprare terreno rurale senza limiti (in alcuni stati gli stranieri non possono acquisire più di un certo numero di ettari)

E i possibili svantaggi?
Ne vedo solo uno reale: il voto, che in Brasile è obbligatorio, con le inevitabili file e l'obbligo di giustificarsi nel caso siamo all'estero e non abbiamo votato.
Uno svantaggio teorico è l'obbligo del servizio militare, nel caso dei giovani.

Tirando le somme
Al di là di motivi "ideologici" di quelli che per protesta vogliono rinunciare alla cittadinanza italiana per acquisire quella brasiliana, dipende molto dalla propria situazione, non essendoci, in linea generale, vantaggi/svantaggi evidenti, se non quello di non perdere più il visto permanente nel caso si trascorrano 2 anni fuori dal Brasile.
Mettete in conto, comunque, diversi rompicapo burocratici: se già è laborioso richiedere il visto permanente, tanto di più lo è chiedere la naturalizzazione. Può aiutare molto possedere un'impresa con diversi dipendenti brasiliani o, comunque, avere un bel reddito in Brasile, con dichiarazioni di reddito a posto.
Quelli che vivono di rendita (italiana) dovranno dimostrare accuratamente l'origine di tale fonte finanziaria, con traduzioni giurate e autenticazioni di documenti italiani.

Una nota sulla doppia cittadinanza
Concludo ricordando che l'acquisizione della cittadinanza brasiliana non determina la perdita di quella italiana, a meno che non si rinunci espressamente alla cittadinanza originaria. 
Saremo naturalizzati brasiliani, con il diritto al doppio passaporto

martedì 10 giugno 2014

L'altra faccia della Coppa: non giriamoci dall'altra parte

fonte: www.vita.it

Brasile: Il vero prezzo dei Mondiali

di Ottavia Spaggiari

Un documentario d'inchiesta girato dal danese Mikke Keldorf, racconta l’impatto devastante che la Coppa del Mondo ha avuto sulle popolazioni locali, le vittime più fragili i meninos de rua


E’ l’anima nera dei Mondiali, ignorata dalla FIFA e nascosta ai riflettori, quella raccontata daThe Price of the World CupIl prezzo della coppa del mondo, appunto, ildocumentario/reportage girato da Mikkel Keldorf, giornalista sportivo danese, prestato all’inchiesta per investigare l’impatto che la preparazione della Coppa del Mondo ha avuto sulle popolazioni locali. Nella terra del football, in cui a pallone giocano tutti, dai ragazzi delle scuole private ai meninos de rua, rendendo la palla una delle cose più democratiche, del Paese, il “piano di sviluppo” per prepararsi al più grande torneo di calcio del mondo ha avuto un impatto devastante su centinaia di migliaia di persone, costrette ad abbandonare le proprie abitazioni. A pagare il prezzo più caro i bambini di strada.
Fortaleza, dove si giocheranno sei partite, è la città col più alto tasso di criminalità in cui si siano mai giocati i Mondiali. 1 omicidio ogni 73 mila abitanti. Nel tuo documentario viene denunciata l’emergenza diritti umani e l’escalation di violenza da parte della polizia nei confronti delle persone che vivono per strada, adulti e bambini. Come se la Polizia volesse sventare il pericolo criminalità, eliminando fisicamente i meninos de rua e i senza tetto. Come hanno reagito il governo brasiliano e la FIFA a queste accuse gravissime?
In nessun modo. Durante il documentario avevo provato ad avere un contraddittorio ma nessuno ha accettato di intervenire né dalla FIFA, né dal governo brasiliano. L’unica risposta che ho ottenuto è un’e-mail della polizia di Fortaleza che, infatti, ho ripreso. La polizia dichiara che non sono state registrate vittime tra i bambini di strada negli interventi armati. Il che però è smentito dai dati che mi ha fornito il registro anagrafico dei bambini di strada realizzato da seiONG locali. Da quando il Brasile ha vinto l’appalto per i Mondiali la polizia ha ucciso 885persone all’anno. Dall’inizio dell’anno, solo a Fortaleza, sono stati uccisi 121 bambini di strada.
Credi che avere gli occhi del mondo puntati addosso possa spingere il governo ad un cambio di marcia e in qualche modo promuovere il rispetto dei diritti umani nel Paese?
E’ difficile da dire. Credo possa essere possibile per un breve momento. Dopo che il miodocumentario è uscito, so che il Ministero degli Interni ha inviato al Sindaco di Fortaleza una serie di raccomandazioni sul comportamento che la polizia e l’amministrazione locale deve tenere con i bambini di strada e con i senza tetto. Questo è un segno positivo ma non credo che sul lungo periodo i Mondiali potranno avere un impatto positivo sul miglioramento delle condizioni di vita delle persone più vulnerabili.
The Price of the World Cup denuncia l’impatto drammatico, a volte addirittura tragico, che la Coppa del Mondo ha avuto sulle popolazione locali. Ci sono stati casi però, in cui i Mondiali, catalizzando l’attenzione sul Brasile, hanno in qualche modo aiutato a promuovere il lavoro delle ONG nel Paese?
Personalmente credo che sia frutto di una percezione distorta pensare che i mondiali abbiano contribuito a porre l’attenzione sui temi sociali del Paese. Si tratta di problemi molto complessi, profondamente radicati e non sono state portate avanti politiche sociali per promuoverne la risoluzione. In realtà credo sia avvenuto il contrario. Credo che la Coppa del Mondo abbia contribuito a peggiorare la situazione. 200 mila persone hanno perso la propria abitazione per lasciare spazio alle nuove infrastrutture. A Rio, dove 150 famiglie sono state costrette a lasciare le proprie case per la costruzione della teleferica, gli abitanti rimasti fanno ancora più fatica ad arrivare alla fine del mese, perché i prezzi, in vista dei Mondiali, sono schizzati. Sicuramente l’attenzione del mondo c’è, ma le condizioni di vita, già difficili, di centinaia di migliaia di persone, sono state peggiorate dall’impatto della Coppa del Mondo. E’ come se si fosse fatto un passo avanti e due passi indietro, un po’ come dire: “è positivo il fatto che, grazie ai Mondiali, abbiamo l’attenzione del mondo, così adesso tutti possono vedere quando la Coppa del Mondo abbia peggiorato la nostra situazione”. Per me non ha alcun senso.
Qual è stata l’esperienza più scioccante per te, mentre giravi il documentario?
Sicuramente il viaggio a Fortaleza. Lì ho assistito alle disuguaglianze sociali più stridenti. Ho bevuto un bicchiere di vino a casa di un miliardario e cinque minuti dopo ho parlato con bambini di strada che fumavano crack ma non avevano soldi per comprarsi da mangiare o da bere. Mi ha colpito moltissimo vedere la percezione che gli altri abitanti della città hanno di questi bambini. Sono visti come delle piccole minacce, colpevoli di rendere la città pericolosa, non sono neanche più percepiti come esseri umani. Credo che il Brasile debba davvero iniziare ad occuparsi di questi problemi alla radice, invece di pianificare soluzioni a breve termine che finiscono solo per beneficiare poche persone. Se non si cambia approccio, non credo sarà possibile eradicare la violenza, specialmente nel Nord Est del Paese.