martedì 29 dicembre 2015

Italiani che fanno la differenza a Salvador: il projeto Axé

Un progetto per i bambini di strada ideato dall'italiano Cesare de Florio La Rocca
Dopo 25 anni di duro lavoro con i bambini di strada, "quelli che nessuno vuole", Cesare de Florio La Rocca è stato nominato cittadino baiano.
Ma chi è Cesare?

Nato a Firenze nel 1937, Cesare De Florio La Rocca, avvocato laureato in teologia e filosofia oltre che in giurisprudenza, ha collaborato con numerose organizzazioni per l’infanzia in Italia e in Brasile ed è stato insignito di svariati titoli onorifici e premi. Nel 1968 andò in Brasile con un gruppo cattolico per conoscere l’Amazzonia. Aveva 29 anni. Le bellezze della terra e la sua ricchezza naturale lo sedussero tanto che decise di rimanere. Rimase colpito dalle disparità sociali esistenti e pensò di lavorare per l’infanzia abbandonata.

Materializzò la sua idea fondando in Amazzonia a Manaus una delle prime istituzioni per bambini. Il “Centro Social Nossa Senhora das Graças” sorse a Beco do Macero, all’epoca la maggiore delle favelas e oggi un quartiere ormai consolidato. Il centro era formato da una scuola professionale che ospitava 400 adolescenti e un asilo per 200 bambini, tuttora in pieno funzionamento. Nel 1981, considerando concluso il suo lavoro, La Rocca si trasferì a Rio de Janeiro invitato dalla Funabem (Fundacão Nacional do Bem Estar) dove lavorò come assessore tecnico.

Nel 1983 passò a lavorare all’UNICEF dove coordinò fino al 1985 il Progetto Alternativo di Ascolto a bambini e bambine di strada con la Funabem e il Ministero di Previdenza Sociale. Nel 1985 fu nominato a Brasilia rappresentante-aggiunto dell’UNICEF. Ma Cesare de Florio La Rocca sognava di creare un progetto di aiuto per bambini poveri che potesse essere realizzato sotto il segno della “migliore educazione per i più poveri”. Così nacque l’embrione di ciò che a Salvador de Bahia si sarebbe trasformato nel Centro Progetto Axé di Difesa e Protezione al Bambino e all’Adolescente che trovò il forte appoggio della ONG italiana Terra Nuova, del Movimento Nazionale di Bambini e Bambine di strada per il lato istituzionale e di personaggi sensibili come il coraggioso giornalista Gilberto Dimenstein impegnato da anni a divulgare il gravoso fenomeno dei meninos de rua e delle uccisioni ad opera di squadroni della morte.


La specificità del progetto Axé
Ma la differenza principale tra i tanti progetti per i più poveri e il Projeto Axé sta nel metodo: la pedagogia del desiderio. Attraverso l'arte, l'educatore cerca di stimolare il bambino all'ascolto delle proprie emozioni e risvegliare così i sogni che sono stati uccisi dalla dura realtà di strada. 
L'obiettivo è passare dal "Non ho nulla da perdere" a "Perché non anch'io?".
Le basi teoriche della pedagogia del desiderio sono solide ed affondano nella "pedagogia degli oppressi" di Paulo Freire, oltre che in Piaget, Freud, Jung,  Lacan, Vygotskij.

La finalità non è dunque insegnare i mestieri da poveri (muratore, elettricista, sarto, cameriere, ecc.) ai poveri, ma insegnare ai poveri a puntare in alto, a sognare e, per alcuni a lavorare nel mondo dell'arte.
Ovvero, non vale il principio, molto in voga nella maggioranza dei progetti sociali secondo cui "a chi non ha niente, ogni cosa va bene", ma piuttosto "la migliore educazione per i più poveri".

Dice Cesare: "Con i bambini che vivevano in strada osserviamo e impariamo che, di fronte all'opera d'arte, il bambino diventa fruitore e produttore. Come dice Monet: "Ogni essere umano è un artista".
Continuo a pensare e sognare che un progetto, limitato nel tempo e nello spazio, possa essere trasformato dallo Stato in politica pubblica per tutti. Durate i miei 49 anni in Brasile ho sempre affermato "Sono un sognatore incorreggibile con i piedi per terra". Dopo aver respirato, assaporato e apprezzato i sapori della variegata cultura di questo paese e dopo molte sconfitte e poche vittorie, continuo per le strade del mondo portando, nello stesso tempo, la mia malinconia e la mia speranza. 
Ora ho modificato la mia frase e posso affermare, con sicurezza, "Continuo ad essere un incorreggibile sognatore, ma con un piede per terra e l'altro...tra le nuvole"

fonti: 
http://projetoaxeblog.blogspot.com.br
http://www.tribunafeirense.com.br
www.sarapegbe.net

giovedì 24 dicembre 2015

GLI OCCHI SCURI DEL “MIO” BRASILE. DARIO MILANI


Tratto dal sito http://www.voglioviverecosi.com/

GLI OCCHI SCURI DEL “MIO” BRASILE. DARIO MILANI

24/12/2015



Sono arrivato a Salvador per la prima volta a 21 anni. Non conoscevo nessuno e non potevo immaginare che quella sarebbe diventata più della mia seconda casa.
La scelta del Brasile è casuale: conosco in Italia degli amici di Salvador de Bahia che me ne parlano molto bene. Soprattutto, mi sta stretta la mia piccola città natale e sento un forte bisogno di dare alla mia vita un senso che vada oltre un titolo di studio ed un lavoro. Ma non so bene cosa cercare. Basta la prima esperienza, di un mese, per capire che il Brasile non è come me l'avevano descritto, ovvero tutto sole, spiagge e allegria. E' fatto soprattutto di persone che ti parlano senza che tu le cerchi: non solo belle ragazze, ma anche bambini di strada, mendicanti, venditori di droga e tante persone che facilmente iniziano un dialogo con la prima persona che hanno accanto. Mi sento chiamato a conoscerlo meglio.
Dario Milani
Così, terminati gli studi universitari, mi trasferisco a Salvador per 2 anni, interrotti da un breve ritorno in Italia. Come volontario, lavoro in una scuola alla periferia, nel quartiere di Pernambués, offrendo lezioni di informatica a bambini e adolescenti, poi anche agli adulti; successivamente divento il responsabile di una raccolta fondi per acquistare l'edificio che ospitava la scuola. Sembra procedere bene, ma il confronto-scontro quotidiano con la povertà e, soprattutto, le disuguaglianze, mi fa male, mi provoca rabbia e un senso di impotenza, anche e soprattutto verso quella grande fetta di brasiliani che sembra fregarsene totalmente di chi non ha nulla; anzi, a volte ostenta i propri beni. Così, con molto rammarico, dico basta e torno in Italia. Il Brasile mi ha scottato, ho bisogno di riflettere e ricaricarmi. Trovo con un po' di fortuna un lavoro che poi diventerà a tempo indeterminato.
Ma la mia costante ricerca di senso si è ormai associata al seme della saudade, ormai già germogliato in me: mi manca il sole, il calore della gente (di quella semplice), la musica dal vivo e il sentirmi utile. Dopo circa due anni rassegno le dimissioni, faccio qualche altro lavoretto, metto insieme tutti i soldi che ho risparmiato nella vita e torno a Salvador, per rimanerci e comprarvi casa. Nel frattempo mi sono anche sposato in Italia con una ragazza brasiliana, conosciuta a Salvador, quindi ho le carte in regola per ottenere il visto permanente. Cerco di mantenermi dando lezioni private di informatica e italiano.
Gli occhi scuri del mio Brasile
Ma le migliaia di persone che vedo dormire sui marciapiedi mi interpellano sempre di più e lotto contro la mia paura di avvicinarmi. Finché un giorno mi faccio coraggio con uno che vedo sempre sotto casa mia. Gli propongo uno scambio: tutte le sere gli offrirò qualcosa se lui mi parlerà della sua vita. E così conosco Marquinho, che mi mostrerà il mondo dei senzatetto e i luoghi più nascosti di Salvador, accompagnandomi con la sua inaspettatamente originale e profonda visione della vita. Parliamo di tutto, dall'amore ai figli, dal lavoro alla violenza, da Dio ai viaggi, dall'anima al sesso. Ed è naturale per me trascrivere in un libro le nostre esperienze, perché non vadano perse. L'ho chiamato “Gli occhi scuri del Samba”, come ad indicare il lato oscuro e profondo di un paese famoso soprattutto per la spensieratezza. Se siete interessati, sotto trovate i link per averlo. Soprattutto, le esperienze con Marquinho mi hanno fatto intravvedere una ricchezza ignorata dalla maggioranza: gli incontri con chi sta in strada sono diretti, fraterni, emozionanti. Abbracci, baci, carezze, lacrime di commozione e tantissime storie personali raccontate... e questo privilegio solo perché sto lì ad ascoltare! Sì, mi raccontano anche tanto dolore, ma se scelgono di condividerlo con me è perché si sentono accolti. E quando torno a casa sono sempre un po' diverso da quando sono uscito: stanco, ma carico di emozioni e di ricchezza.
Dopo le uscite con Marquinho è inevitabile continuare: adesso partecipo alle attività di una comunità di accoglienza (Comunidade da Trindade) e mi sono organizzato per portare, nelle uscite notturne, anche un po' di cibo, che è comunque secondario rispetto all'ascolto delle persone. Se richiesto, indico possibili centri di accoglienza od accompagno gli eventuali minorenni. E proprio i bambini mi hanno fatto conoscere anche la realtà degli orfanotrofi, così che una volta a settimana vado a fare una visita, insieme ad altri volontari.
Questa, molto sintetizzata, la mia storia, il mio Brasile. Un Brasile in cui inizialmente mi vedevo diviso fra la parte del piacere (le spiagge, la musica, i divertimenti) e la parte fastidiosa (i bambini di strada, i senzatetto), che si è invece rivelata piena di sorprese e sta dando un senso alla mia vita. Egoisticamente, incontrare il popolo della notte fa bene prima di tutto a me.
Chi fosse interessato a fare un'esperienza di volontariato a Salvador de Bahia, può scrivermi:
profdario1@gmail.com
o visitare i miei blog
www.gliocchiscuridelsamba.blogspot.it/ e
www.vivereasalvador.blogspot.it/
Per acquistare il libro “Gli Occhi Scuri del Samba”:
Formato cartaceo
www.lafeltrinelli.it/libri/milani-dario/occhi-scuri-samba/9788891165718
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