giovedì 3 aprile 2014

L'uso di sostanze chimiche nell'agricoltura in Brasile: una riflessione sull'agricoltura sostenibile

Nel 2008 il Brasile è stato il Paese al mondo che ha maggiormente utilizzato sostante chimiche (fertilizzanti e pesticidi). Attualmente è sempre fra i Paesi al mondo che più ne fanno uso, con conseguenze non positive per la salute di chi ci abita.
In sostanza, dal 1992 al 2010 il consumo di tali sostanze è raddoppiato, passando dai 70 kg per ettaro, ai 150 kg per ettaro, con una piccola flessione fra il 2008 e il 2009 a causa della crisi globale.
Tra i fertilizzanti più utilizzati ci sono il potassio, fosforo e l'azoto.
I problemi di tale uso intensivo non derivano solamente dal consumo di prodotti agricoli, ma anche dall'inquinamento delle falde acquifere.
Lo stato con il più alto utilizzo di sostanze chimiche è Rio de Janeiro, con 11 kg/ha, seguito da San Paolo con 7 kg/ha.

La questione è molto più complessa di quanto si creda e non riguarda certo il solo Brasile. Esistono diversi movimenti e personalità nel mondo che da anni sostengono come la monocoltura (ovvero la coltivazione di una sola specie in grandi appezzamenti di terreno), l'agricoltura moderna, le sementi OGM al posto di quelle tradizionali stiano impoverendo sempre più il terreno, che, se non fosse per l'uso della chimica, sarebbe totalmente improduttivo. Oltre a costringere i piccoli agricoltori ad indebitarsi per comprare le sementi ibride, spacciate come più produttive, ma spesso non adatte a certi territori come lo erano le specie autoctone. 
Emblematico il caso del riso in India: da migliaia di specie alle 5 attuali.
E' l'industria chimica (leggi "multinazionali") che determina le specie da coltivare, senza pensare minimamente alla preservazione delle specie vegetali e ai batteri che naturalmente arricchiscono il terreno, ma vengono uccisi dalla chimica.
Ma senza la chimica sarebbe possibile ottenere i rendimenti attuali?
Il dibattito è aperto e difficilmente risolvibile, visti gli enormi interessi in gioco.
Vorrei qui stimolare alla riflessione attraverso la visione di questi 2 film-documentari illuminanti

Soluzioni locali per un disordine globale è della francese Coline Serreau, che intervista personalità come Vandana Shiva, Pierre Rabhi, Lydia e Claude Bourguignon, il Movimento Lavoratori Senza terra, Kokopelli, M. Antoniets, Ana Pradeshi, Philippe Desbrosses, Joao Pedro Stedile, Serge Latouche, Devinder Sharma, Laurent Marbot, ecc. “Con questo film, mostro che ci sono in tutto il mondo, persone che, senza saperlo, fanno la stessa cosa, che hanno la stessa filosofia di vita e le usano le stesse pratiche con la Madre Terra".

Terra madre è invece una produzione italiana diretta da Ermanno Olmi, nell'ambito della seconda edizione di Terra Madre, un progetto concepito da Slow Food (movimento fondato nel 1986 da Carlo Petrini), per dare voce e visibilità a contadini, allevatori e pescatori di tutto il mondo che vogliono rivendicare il diritto a una produttività sostenibile in difesa delle identità e dei prodotti locali.

fonte www.g1.globo.com

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