venerdì 2 maggio 2014

Due disperati gridi di attenzione: Carla e Marina

dal blog gliocchiscuridelsamba.blogspot.com

La notte tranquilla per alcuni, non lo è per loro due. Due donne più o meno coetanee, sulla trentina. Una chiara di pelle, l'altra scura. Una di Salvador, l'altra di un altro stato del Nord-est brasiliano. Entrambe senzatetto, entrambe con dipendenza da alcool e droga.

Quando arrivo in comunità, Carla è già buttata per terra, sul marciapiede, delirante, come minimo ubriaca. Non c'è verso di calmarla. Nel suo dimenarsi contro un avversario invisibile impreca contro la polizia, dicendo di non voler essere arrestata, chiama la mamma, minaccia di morte, chiede di essere uccisa, ci domanda perché non l'ammazziamo subito, etc. Grida di dolore, si mescolano al pianto, diventando grida di disperazione, di rabbia contro il mondo ma, soprattutto verso sé stessa, sporca di urina e feci che, nel trambusto, ha fatto nei propri pantaloni. Sdraiata per terra, si contorce e rotola sul marciapiede, rischiando di finire in strada, dove le auto sfrecciano a 60-80 km/h sul rettilineo ampio a 4 corsie. Frenare la sua corsa verso la strada non è facile, ci prendiamo qualche pugno per farlo. Cerchiamo di calmarla, le prepariamo un giaciglio con del cartone ed una coperta dove calmarsi; senza risultati. La situazione si protrae finché un suo conoscente ci suggerisce di portarla nel luogo dove dorme abitualmente, una tettoia di fronte ad un magazzino a circa 400 m da lì. Ma non si convince ad andare. Non c'è un dialogo fra il suo mondo ed il nostro.
Tocca prenderla a forza, in quattro, tanto si dimena e vista la corporatura pesante, che ci costringe a riposarci due volte lungo il cammino. Ma, finalmente, arriviamo. La lasciamo lì, accanto al giaciglio di cartone e coperta.
Mi impressiona al pari di Carla l'indifferenza delle auto che sfrecciano accanto a noi, visto che la situazione è molto equivoca e potremmo essere scambiati per malintenzionati che portano una donna chissà dove: nessuno che si fermi, nessuno che ci domandi spiegazioni, nessuna coscienza che si interroga e si esterna in una parola rivoltaci o in uno sguardo stupito.

Marina invece è sobria, ma non mangia da ieri, quando si è ubriacata, quasi a stomaco vuoto, fino a perdere i sensi. La cachaça (acquavite a 40°) è la sua droga ed ammette di sentirne il bisogno. Ma più di questo ha fame. Ha sempre un volto triste, deluso, di chi si è fidata ed è stata tradita. Parla un po' con me, cosa faccio, da dove vengo. Lei non è di qui, le piace Salvador, anche se ultimamente si è stancata. Mi dice che non fa nulla da mattina a sera. Alla fine mi dice che le è venuta voglia di fare un figlio con me, che ancora non ha figli ed è venuto il momento. Così, senza sapermi spiegare il perché, continua con la sua proposta. Mi confida che si sente sola, ed infatti non l'ho mai vista accompagnata e la vita di strada, per una donna sola, è molto più difficile. Poi, per fortuna arriva la minestra e, subito dopo, Marina si sdraia e può, finalmente riposare, almeno per questa notte sobria e senza fame.

Due gridi di dolore disperati, verso tutti e nessuno. Due gridi pieni di dolore per occasioni sprecate, promesse non mantenute, anche verso sé stessi. Due vite nascoste, non riconosciute, ignorate. Le macchine sfrecciano accanto senza fermarsi. Una donna è buttata per terra, 5 uomini le stanno attorno, la portano a peso e nessuno si indegna, si interroga, si ferma. Così le loro occasioni sono sfrecciate loro accanto. Forse qualcuno si è fermato, ma poi è ripartito. E, loro, rimaste lì. Gli altri, la società “normale” tranquilli nel loro torpore quotidiano organizzato. Loro no, non ce la fanno a non reagire. Ma fanno male a loro stesse, non avendo altra scelta.
Finché la loro forza di volontà non reagirà, continueranno a restare nel fosso. Finché si rivolgeranno all'alcool e alla droga, continueranno a vedere le auto sfrecciare accanto e, loro, a piedi, buttate in qualche deprimente marciapiede di una metropoli.

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